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01 Luglio 2019
SENTENZE | n.8946/2019 La pulizia delle attrezzature con linea in movimento
Riportiamo oggi una sentenza dello scorso 15 febbraio relativa alla condanna di un datore di lavoro e amministratore delegato per aver cagionato un trauma da schiacciamento all'arto superiore a causa della mancanza di macchinari conformi alle disposizioni legislative e per mancata comunicazione riguardo alle modalità di pulizia dei macchinari.
Il fatto vedeva il lavoratore, addetto ad un macchinario di produzione di una guaina, intento alla pulizia di un rullo utilizzato per mantenere in tensione la guaina e costantemente cosparso di talco per evitare l'incollaggio del prodotto finito.
Durante la pulizia, effettuata in un primo momento con un attrezzo metallico e successivamente direttamente con la mano sinistra protesa verso il rullo in movimento, l'arto del lavoratore rimaneva incastrato proprio tra il rullo e la guaina.
A causa di ciò il datore di lavoro e amministratore delegato veniva condannato dalla corte d'Appello.
Di seguito lo stesso ricorre in cassazione con i seguenti motivi ai quali riportiamo direttamente i commenti della Corte Suprema:
Vizio di motivazione e travisamento delle prove da parte della Corte d'Appello che indicava come prassi aziendale l'eseguire operazioni di pulizia con impianti in movimento. Il ricorrente sottolinea come i teste portati riportavano che quella non era una prassi aziendale.
La Corte evidenzia l'infondatezza del primo motivo riportando che, come testimoniato sia dall'infortunato che da altri teste, come direttiva generale vi era quella di fermare il meno possibile la linea di produzione a causa di elevati costi derivanti dal fermo macchina.
Il secondo motivo del ricorso deduce un vizio di motivazione per i dubbi avanzati dalla corte in merito alla piena credibilità della testimonianza di un teste.
Il terzo e ultimo motivo di ricorso riguarda la presunta omessa valutazione di un teste relativamente alle prescrizione impartite ai lavoratori che asseriva che tutti i dipendenti erano a conoscenza del fatto che le operazioni sulle macchine dovevano essere effettuate a macchine ferme, come da circolari e documentazioni consegnate.
"Il ricorso che, in applicazione della nuova formulazione dell'art. 606, comma 1, lett. e) cod.proc.pen. intenda far valere il vizio di «travisamento della prova» (consistente nell'utilizzazione di un'informazione inesistente o nell'omissione della valutazione di una prova, accomunate dalla necessità che il dato probatorio, travisato od omesso, abbia il carattere della decisività nell'ambito dell'apparato motivazionale sottoposto a critica) deve, inoltre, a pena di inammissibilità (Sez. 6, n. 45036 del 02/12/2010, Damiano, Rv. 24903501):
(a) identificare specificamente l'atto processuale sul quale fonda la doglianza;
(b) individuare l'elemento fattuale o il dato probatorio che da tale atto emerge e che risulta asseritamente incompatibile con la ricostruzione svolta nella sentenza impugnata;
(c) dare la prova della verità dell'elemento fattuale o del dato probatorio invocato, nonché dell'effettiva esistenza dell'atto processuale su cui tale prova si fonda tra i materiali probatori ritualmente acquisiti nel fascicolo del dibattimento;
(d) indicare le ragioni per cui l'atto invocato asseritamente inficia e compromette, in modo decisivo, la tenuta logica e l'intera coerenza della motivazione, introducendo profili di radicale «incompatibilità» all'interno dell'impianto argomentativo del provvedimento impugnato."
In base a questo la corte sottolinea che: "La generica asserzione contenuta nel ricorso, priva dei suindicati elementi specificativi, non supera il vaglio di ammissibilità."
Per questi motivi il ricorso è stato rigettato e il datore di lavoro e amministratore delegato è stato condannato al pagamento delle spese processuali.